I risultati delle invenzioni sono imprevedibili (benché segnalati).
di H. C. Andersen
Non sopporto quelli che mettono i bastoni tra le ruote alle idee. Un malcostume iniziato probabilmente con la lite tra due esseri umani (non specifico il sesso per non essere politicamente scorretto): uno voleva inventare la ruota e l’altro aveva un bastone tra le mani. Nel pieno del dibattito scientifico, il possessore del bastone trovò risolutore calarlo sulla testa dell’inventore ritardando così di qualche millennio l’invenzione della ruota. Fu la vittoria dei decisi a tutto contro i gufi del dubbio. Da quel remoto e mitico episodio fondante nacquero la testardaggine e il bernoccolo. Sapete come si dice no? Ha il bernoccolo per la poesia, ha il bernoccolo per gli affari, ha il bernoccolo per la scienza, ha il bernoccolo per le nuove tecnologie… E questo lo dico a beneficio della generazione smart che ha il bernoccolo, anzi il callo, nei pollicioni cellulari. Ma torniamo a bomba, cioè nel solco di quel che volevo dirvi.
Ribadisco il concetto espresso in apertura: non sopporto quelli che si mettono di traverso. A uno, o a più d’uno viene un’idea e altri, cui non viene mai neanche mezza idea ma sono al mondo solo per controllare e sabotare quelle altrui, non trovano di meglio che far roteare il randello. Se ricapitoliamo brevemente la storia dell’umanità, ci rendiamo conto che la sua molla propulsiva e il suo carburante non sono state la lotta di classe e la ricerca del miglioramento delle condizioni di vita, ma la lotta tra curiosi e retrogradi, tra chi voleva sperimentare e chi temeva che dagli esperimenti non potesse venire nulla di buono. Quest’ultimi si opponevano al nuovo con scuse sempre diverse: non era scritto in un testo sacro, ma chi te lo fa fare? non stuzzicare lo status quo, accontentati di quel che passa il convento eccetera. Il quieto vivere contro l’irrequietezza.
Qualche esempio: i pagani contro i cristiani, i cristiani contro gli scienziati che pretendevano di dimostrare che la terra gira, quelli che soffrivano di mal di mare contro i navigatori che volevano traversare l’oceano per andare in India salvo inciampare nelle Americhe, quelli avversi al taglio delle teste e alle impiccagioni perché costituiscono un brutto esempio e un suggerimento, quelli contrari alla minigonna (i fabbricanti di tessuti), quelli contro i capelloni (i barbieri), quelli che non gradivano l’uso della pillola perché a letto ci si deve andare o per dormire o per fare figli, quelli che non volevano la tv a colori (il partito comunista italiano, perché ben altri erano i problemi), quelli che vietano l’alcol perché ti tramortisce, quelli che vietano le droghe perché ti uccidono, quelli che parlano male dell’islam perché ti sgozza, quelli che vietano i matrimoni gay perché sono sterili, quelli che vietano le adozioni da parte delle coppie omosessuali perché è dura decidere chi è il papà e chi è la mamma e ancor più dura è farsi chiamare genitore uno e genitore due dai pargoli adottati.
Non si interrompe un’emozione, disse Fellini a chi voleva infarcire i suoi film di pubblicità. Li hanno infarciti e i film del maestro non ne hanno risentito. Anzi. Gli spot ben piazzati servono a risvegliarci dall’abbiocco ingenerato da certi capolavori. Otto e mezzo e La dolce vita presi in pillole van giù meglio. Ma non divaghiamo (si dice così anche se a divagare sono solo io, che sto menando il can per l’aia, e se quelli che portano il cane a far pipì un’aia non l’hanno mai vista, pazienza).
Perché gli eredi di chi impugna il bastone continuano a ostacolare gli eredi dell’inventore della ruota? Piacerebbe a tutti che il tempo non passasse, rallentasse, meglio ancora si fermasse, e noi potessimo fermarci con lui nella Stazione del Vent’anni o poco più in là. Ma non si può. A contrastare la corsa del treno si rischia di essere stritolati dalle sue ruote. Lasciamo che le fazioni si contendano il controllo del locomotore. Non impicciamoci. Lasciamo che gli inventori sperimentino. Ecco la parolina magica: sperimentazione. Solo da un esperimento si può imparare e capire se val la pena di passare alla produzione industriale. Siamo reduci da tante sperimentazioni, una più una meno, che volete che sia.
Nel secolo scorso abbiamo sperimentato il nazismo, il fascismo, il comunismo in diverse salse, compresa quella caraibica, la scissione dell’atomo, sia per uso bellico sia per uso civile, e poi le guerre umanitarie e l’esportazione della democrazia, le rivolte sociali e le ribellioni generazionali. Sperimentazioni che sono servite a farci un’idea della bontà delle presunte invenzioni. Certo, il verdetto non ha raccolto un consenso unanime, i testoni non si arrendono, però un’idea ce la siamo fatta. La sperimentazione, fidatevi, è l’unico mezzo per tagliar la testa al toro (e anche al topo, nel senso di cavia). Nel giro di settanta-cinquant’anni, forse anche meno, capisci se vale la pena di passare dalla sperimentazione di laboratorio alla produzione di massa. Insomma, se il prodotto è appetibile per il mercato globale e val la pena di affidarne la produzione ai cinesi.
Si tolgano dunque le remore ai matrimoni gay, all’adozione da parte delle coppie omosessuali, all’uso dell’olio di palma, agli ogm, alla sacralità dei suoli agricoli e a molti altri tabù Lasciamoli fare. Giusto per vedere l’effetto che fa. Mi spiacerà solo non esserci. Per dire: ve l’avevo detto, no? A chi? Agli sconfitti di turno, ovviamente. Con i vincitori, con gli inventori della ruota, ci si congratula. Che altro?
